lunedì 10 novembre 2014

PIROSCAFO ORIA

UN NAUFRAGIO IN CUI PERSERO LA VITA 4200 ITALIANI


CARCERI: UN MONUMENTO PER RICORDARE I CADUTI E UN NOSTRO PAESANO MARCELLO BARBAGIN




LA STORIA

La nave di 2000 tonnellate, varata nel 1920, requisita dai tedeschi, salpò l'11 febbraio 1944 da Rodi alle 17,40 per il Pireo. A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSI dopo l’Armistizio dell'8 settembre 1943, tedeschi di guardia o di passaggio e l'equipaggio norvegese.
L'indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l'isola di Patroklos (in Italia erroneamente nota col nome di isola di Goidano).
I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell'equipaggio, incluso il comandante Bearne Rasmussen e il primo ufficiale di macchina.
L'Oria era stipata all'inverosimile, aveva anche un carico di bidoni di olio minerale e gomme da camion oltre ai nostri soldati che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich.
Su quella carretta del mare, che all'inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell'assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria.
Nel 1955 il relitto fu smembrato dai palombari greci per recuperare il ferro, mentre i cadaveri di circa 250 naufraghi, trascinati sulla costa dal fortunale e sepolti in fosse comuni, furono traslati, in seguito, nei piccoli cimiteri dei paesi della costa pugliese e, successivamente, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. 
I resti di tutti gli altri sono ancora là sotto.
La tragedia si consumò in pochi minuti ed è stata ignorata per decenni

IL MONUMENTO

Ci sono momenti in cui le parole non bastano, troppi anni passati con il dolore di una perdita così importante per una famiglia e per una comunità.
Il desiderio di una famiglia che non ha avuto la fortuna di poter condividere la sua vita con il padre, la famiglia Barbagin ha il diritto di sapere, di conoscere la vera storia di un naufragio che ha tolto la vita a migliaia di italiani e in particolar modo a Marcello.
Le ricerche del figlio Luigi iniziano ad avere i primi risultati, condivisi con la volontà di altre famiglie che nello stesso modo vogliono ricostruire gli eventi e la storia dei loro padri o parenti.
Luigi non si ferma alla ricerca e collaborazione con i famigliari ma chiede alla comunità di Carceri un segno, un gesto che possa servire per ricordare il tragico evento di 70 anni.
Finalmente il giorno 9 novembre in occasione della commemorazione dei caduti delle guerre, viene inaugurato un monumento nella piazza Donatori di Sangue, in ricordo del naufragio e in ricordo del nostro fratello Marcello Barbagin.


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