martedì 11 novembre 2014

APPELLO AI SINDACI


Cari colleghi in questi giorni come avete potuto apprendere dai mezzi di comunicazione ci sono stati allagamenti con conseguenze disastrose per interi territori e rispettive popolazioni.
Questi disastri portano il popolo alla disperazione, un sentimento di impotenza e conseguente rabbia verso le istituzioni che hanno la responsabilità di non aver agito sebbene sapessero del potenziale rischio idrogeologico.
Voi tutti sapete che i tagli ai trasferimenti, il patto di stabilità e la burocrazia ci hanno tolto il potere di agire e adempiere al ruolo che la legge attribuisce ai Sindaci e cioè l'onere della tutela del territorio e della popolazione.

Restano quindi due possibilità:

la prima di subire le scelte calate dall'alto alzando le mani di fronte all'impotenza che difficilmente, come avete potuto vedere, può essere compresa dalla popolazione, sperando che la fortuna vi salvi dalla inquisizione per la colpa di inerzia.

La seconda possibilità è alzare la testa e tirar fuori gli attributi, dimostrando che realmente state dalla parte di chi ha avuto fiducia in voi, tentando di responsabilizzare lo Stato ad avere la necessaria sensibilità su temi di sicurezza, salute e lavoro.

Personalmente credo ci voglia più coraggio a non avere coraggio.

Per questo io ho:

- diffidato lo Stato
- ho scritto a tutti gli enti superiori che mi confermino il rischio idrogeologico, per poi chiamarli a rispondere del aver saputo e non avere agito.
- ho bloccato 7 centrali inquinanti.
- ho chiesto il registro tumori per la nostra zona.
- sto lottando per il non ampliamento delle discariche......ecc.

Il popolo ha bisogno di noi, siamo la loro ultima possibilità.

Sindaco di Carceri
Tiberio Businaro

lunedì 10 novembre 2014

PIROSCAFO ORIA

UN NAUFRAGIO IN CUI PERSERO LA VITA 4200 ITALIANI


CARCERI: UN MONUMENTO PER RICORDARE I CADUTI E UN NOSTRO PAESANO MARCELLO BARBAGIN




LA STORIA

La nave di 2000 tonnellate, varata nel 1920, requisita dai tedeschi, salpò l'11 febbraio 1944 da Rodi alle 17,40 per il Pireo. A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSI dopo l’Armistizio dell'8 settembre 1943, tedeschi di guardia o di passaggio e l'equipaggio norvegese.
L'indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l'isola di Patroklos (in Italia erroneamente nota col nome di isola di Goidano).
I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell'equipaggio, incluso il comandante Bearne Rasmussen e il primo ufficiale di macchina.
L'Oria era stipata all'inverosimile, aveva anche un carico di bidoni di olio minerale e gomme da camion oltre ai nostri soldati che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich.
Su quella carretta del mare, che all'inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell'assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria.
Nel 1955 il relitto fu smembrato dai palombari greci per recuperare il ferro, mentre i cadaveri di circa 250 naufraghi, trascinati sulla costa dal fortunale e sepolti in fosse comuni, furono traslati, in seguito, nei piccoli cimiteri dei paesi della costa pugliese e, successivamente, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. 
I resti di tutti gli altri sono ancora là sotto.
La tragedia si consumò in pochi minuti ed è stata ignorata per decenni

IL MONUMENTO

Ci sono momenti in cui le parole non bastano, troppi anni passati con il dolore di una perdita così importante per una famiglia e per una comunità.
Il desiderio di una famiglia che non ha avuto la fortuna di poter condividere la sua vita con il padre, la famiglia Barbagin ha il diritto di sapere, di conoscere la vera storia di un naufragio che ha tolto la vita a migliaia di italiani e in particolar modo a Marcello.
Le ricerche del figlio Luigi iniziano ad avere i primi risultati, condivisi con la volontà di altre famiglie che nello stesso modo vogliono ricostruire gli eventi e la storia dei loro padri o parenti.
Luigi non si ferma alla ricerca e collaborazione con i famigliari ma chiede alla comunità di Carceri un segno, un gesto che possa servire per ricordare il tragico evento di 70 anni.
Finalmente il giorno 9 novembre in occasione della commemorazione dei caduti delle guerre, viene inaugurato un monumento nella piazza Donatori di Sangue, in ricordo del naufragio e in ricordo del nostro fratello Marcello Barbagin.